martedì 19 marzo 2024
20.10.2014 - GIUSEPPE PICCHIANTI

Scuola: una "palestra" di vita...da non buttare.

Riproponiamo un interessante articolo di un ex studente del liceo "Aprosio", ora prossimo alla laurea, che focalizza con l'aiuto di un insegnante e di uno psicologo i molteplici e complessi problemi legati alla scuola.

La scuola, l’istruzione, come molti altri argomenti, fanno spesso notizia, sono fonti di discussione, di liti tra chi sia “pro” e chi “contro” ad una possibile riforma del mondo educativo.

Molto spesso però l’opinione pubblica tende a non entrare nello specifico, ignorando in questo modo, cosa sia davvero una scuola: un complesso di aule, con lavagne, banchi e sedie, potrebbe obiettare qualcuno, oppure, un luogo dove le giovani generazioni, dalla più tenera età per arrivare quasi alla maggiore, si ritrovano per seguire le lezioni di matematica, italiano, lingua straniera, scienze, per prendere appunti, imparare a leggere e a capire cosa sia scritto sui libri di testo, soffrire durante le interrogazioni, talvolta “a sorpresa” e soprattutto per imparare a crescere e quindi scoprire quel senso di vuoto, quando incontri quella ragazza o quel ragazzo, ai quali, prima o poi, tutti quanti, abbiamo cercato di far capire che ci piacevano, arrivando, in questo modo, alle scuole superiori, parafrasando quello che Venditti cantava nella sua “Compagni di scuola”: “Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene, perché ditemi, chi non si è mai innamorato…”.

La scuola allora non è solo il colloquio semestrale con gli insegnanti, le estenuanti attese davanti alle porte delle aule, ma è anche il magone della mamma quando deve lasciare il proprio figlio il primo giorno di scuola alle elementari, quello stesso identico magone, che la accompagnerà fino all’attesa dell’esito della “prima prova” durante gli esami di maturità. E’ anche fare i conti con la realtà, scoprire che molti giovani riescono appena a raggiungere il diploma di licenza media, molte volte frequentando come “ripetenti” aule con ragazzi e ragazze molto più piccoli di loro. “Ripetenti” talvolta perché non possono godersi il lusso di imparare, in quanto, prima di tutto, sono necessari i soldi da portare a casa per tirare avanti. “Ripetenti”, ancora, perché proprio non si ha nessuna voglia di imparare una miriade di concetti, permettendosi di dire che “tanto quello che imparo, non mi servirà nella vita”, dovendosi, molti anni dopo, ricredere. La scuola quindi è un insieme di tante emozioni, di tante storie, belle e brutte, felici e tristi, che creano soddisfazione o rabbia; decido allora di dare spazio ai tanti volti che formano la scuola italiana, dagli insegnanti, agli psicologi, da coloro che la mantengono pulita e che prestano i propri servizi, per renderla migliore.

Iniziamo quindi da coloro che creano e fanno vivere la scuola ogni giorno, gli insegnanti. Su di loro si potrebbero scrivere fiumi di inchiostro e i temi sarebbero molteplici: dagli stipendi bassi in relazione alla funzione collettiva ed educativa che svolgono all’interno della società, ai problemi che affrontano quotidianamente nelle aule con i ragazzi e con le famiglie, ancora, l’entrata in ruolo di molti giovani uomini e donne, che dopo aver studiato all’università e frequentato anche master importanti, vedono arenare la loro passione davanti alle liste interminabili di attesa, il mondo dei precari, che chiamati per quella supplenza circoscritta nel tempo, assaggiano un pezzettino della loro passione e una volta digerito, sono costretti ad alzarsi da tavola perché non c’è più posto. Nella scuola però c’è anche chi insegna da molti anni, ha maturato su di sé un’esperienza incredibile, la quale permette di riconoscere le paure dei propri alunni solamente guardandogli negli occhi o cercando di leggere messaggi impliciti nelle righe dei temi.

Decido di incontrare un mio ex professore, Claudio Alberti, da anni insegna Storia e Filosofia presso il Liceo “Aprosio” di Ventimiglia. Al Prof. Alberti chiedo cosa significa essere insegnante nella scuola italiana nel 2012, quanto i cambiamenti possano influire sull’insegnamento e sull’insegnante e se esista una ricetta speciale che solo i professori possiedono quando entrano nelle aule per far conoscere ai giovani la storia e la cultura. Mi risponde che: “Insegno da 25 anni ma non è cambiato niente. In senso positivo. Se l’insegnante continua a credere nel proprio ruolo, continuando ad appassionarsi a quello che dice, sarà sempre in sintonia con gli alunni e loro risponderanno di conseguenza. Non c’è differenza se insegni alle medie inferiori o al liceo classico. Sarò anche stato fortunato, ma sia in una scuola “di frontiera” come la vecchia “Andrea Doria” di Vallecrosia, sia in una scuola “privilegiata” come il “Liceo Aprosio” di Ventimiglia sono riuscito, nel mio piccolo, ad insegnare “le cose” in cui credo con modalità diverse ma con lo stesso entusiasmo.

E forse è proprio questo che ci vuole per continuare ad insegnare volentieri: l’entusiasmo. Che è contagioso per gli alunni. Se ne accorgono subito quando manca o viene meno, sia quando entri in III classico o in prima media.  Personalmente penso che sia proprio questa la “ricetta”, al di là delle metodologie più innovative o delle strategie didattiche più sofisticate.”

Nella scuola italiana del 2014 esistono, già da diverso tempo, anche diverse figure che aiutano i ragazzi, soprattutto nell’età pre e adolescenziale. Psicologi e psicoterapeuti oggi sono figure di importantissimo rilievo, con il loro contributo riescono ad offrire alla struttura scolastica quel qualcosa in più, che i giovani percepiscono dentro di loro, ma che, molto spesso, non viene catturato e compreso dal resto della società. A Sanremo, ad esempio, già da più di dieci anni è attiva una struttura, “Baraonda”, capitanata dal Dott. Fulvio Rombo.

Con il Dott. Rombo decido di non approcciarmi come giornalista bensì provo a confrontarmi con lui, capendo se le informazioni che ho raccolto, corrispondano anche a quello che oggi egli possa definire il proprio bagaglio di esperienze. Fulvio, così come lo chiamano i ragazzi e le ragazze, analizza davvero tanti casi, ascolta i dubbi e cerca di aiutare coloro che vogliono un aiuto, un consiglio, su tanti argomenti, come la scuola, i sentimenti e il rapporto genitori – figli: “Secondo me le tematiche da approfondire sono la condizione dei ragazzi e quella dei docenti. Senza correre il rischio di generalizzare, possiamo dire che questa generazione di bambini e adolescenti è, in superficie, dotata di maggiori competenze (esempio quelle tecnologiche), ma meno abituata all'ascolto, alla tolleranza, alle frustrazioni, al pensiero sulle esperienze e sulle emozioni. I giovani di oggi sono, talvolta, circondati da adulti fissati ad un funzionamento psichico adolescenziale: genitori e persone adulte cercano di proporsi con complicità ma sono meno capaci di autorevolezza e non sono quindi un riferimento così solido.

Per quello che riguarda i docenti, quelli più motivati, si ritrovano a gestire casi individuali e classi molto difficili, agitate e problematiche, che talvolta richiedono capacità educative, che travalicano l'aspetto didattico, che non tutti i docenti sono capaci e desiderosi di metterci. I docenti meno preparati quindi soccombono: nel migliore dei casi non incidono, nel peggiore recano danno a sé o all'alunno stesso, che non si porterà dietro l'esperienza di un adulto significativo. Il tutto condito da un depauperamento della scuola pubblica, voluto da una politica che non comprende che se i problemi sono diversi e in costante incremento, le risorse bisogna aumentarle e non diminuirle.”

Fino a questo punto, possiamo già comprendere, dalla voce di un insegnante e da quella di uno psicologo, quanto il mondo della scuola sia davvero particolare, sotto molteplici aspetti: la motivazione degli insegnanti che lotta molte volte, con l’apatia e la mancanza voler conoscere. La capacità e la voglia di saper scendere dalla cattedra per aiutare a risolvere le problematiche più disparate, che spesso, poco hanno a che fare con l’insegnamento oggettivo delle discipline. La sopravvivenza delle strutture educative, che molte volte, anziché essere incentivate, vengono depauperate da tagli senza una ragione comprensibile, facendoli passare, ex iure, sotto la scusa del “contenimento della spesa pubblica”: in nome di questa, i vari “esecutivi” italiani, nel corso della storia, hanno tagliato fondi, ridotto le capacità economiche di scuole ed università, facendo, in questo modo, arretrare la qualità dell’insegnamento italiano e nel peggiore dei casi, disincentivando le molte menti intelligenti, fresche e desiderose di migliorare. La famosa “fuga dei cervelli”, avviene anche perché mancano soggetti ed istituzioni che diano la possibilità ai giovani italiani di dimostrare quanto essi, davvero valgano.

L’efficienza, le perfomances singole e collettive, la meritocrazia, davvero nella scuola di oggi restano scritte sulla carta, data la mancanza di un riscontro concreto sul campo: abbiamo scuole che sono all’avanguardia tecnologicamente, possiedono LIM (lavagne interattive multimediali) e computers, ma allo stesso tempo soffrono per mancanza di fondi che permettano l’acquisto di schede per le fotocopie o fondi che creino anche una piccola e semplice occupazione, come quella dei collaboratori scolastici, i bidelli di una volta: in diverse scuole della nostra zona non è difficile trovare situazioni del genere! Basta incontrare e discutere con qualsiasi persona graviti intorno ad un istituto scolastico perché vengano fuori i problemi: libri sempre più costosi, zaini e quaderni che soccombono alle mode del momento, tasse universitarie e contributi regionali allo studio sempre più gravosi nei bilanci delle famiglie liguri. Senza dubbio l’innovazione deve servire come strumento di miglioramento, anche in funzione della scuola italiana del 2012, senza però chiedere di investire unicamente verso questa. I libri di testo, secondo le nuove leggi italiane, che recepiscono direttive europee, devono essere multimediali, in due modi possibili: libro di testo classico, con allegato un cd-rom, oppure “misto”, con un codice impresso su un’etichetta, che, inserendolo su un apposito sito internet, permette all’utente di scaricare il formato elettronico delle pagine e gli esercizi da svolgere a casa. Siamo sicuri però che si va verso la direzione giusta?

L’accessibilità al mondo di internet, attraverso il computer, è un lusso che non tutte le famiglie possono permettersi: i costi delle connessioni internet ADSL italiane, dati alla mano, sono tra i più alti in Europa, o ancora, le pertinenze ad un computer, come stampante e scanner, non hanno prezzi così competitivi come sembra, in prima istanza, basta accorgersene quando bisogna cambiare una cartuccia di inchiostro. Tutto questo, ovviamente, si aggiunge al resto delle spese correnti di una famiglia, dove magari solo il padre lavora e porta a casa uno stipendio, con il quale riesce a far vivere dignitosamente due o più figli. Il lavoro, quindi, deve tornare ad essere un buon punto di partenza nella scuola italiana del 2012: la dignità di chi lavora e il diritto a lavorare - leggi labor, fatica, articolo Uno della Costituzione Italiana -  con la quale oggi molte famiglie riescono a far studiare i propri figli.

La scuola può essere vista anche come una struttura burocratica dello Stato. Per questo motivo sono diverse le figure che vi ruotano intorno, oltre ai ragazzi e agli insegnanti. Direttori amministrativi, applicati di segreteria e dirigenti scolastici, che una volta si chiamavano presidi, oggi si tende a dimenticarli, ma, senza i quali, sarebbe davvero difficile accedere alle strutture scolastiche o ai servizi che queste offrono. Pensiamo solamente alle iscrizioni annuali, alla formazione delle classi e alle richieste per i buoni libro: qualcuno potrebbe, a buon diritto, affermare che sono uffici “dovuti” dallo Stato, dimenticando però, che quest’ultimi, sono formati da persone, le quali, anche loro, possono scattare una fotografia della nostra scuola. Il Preside Osvaldo Giraudo, per molti anni, ha “guidato” il Liceo “Aprosio” di Ventimiglia, incontrando le famiglie quando avevano bisogno di aiuti e chiarimenti, dialogando con il personale docente in diverse occasioni, dai consigli di classe agli scrutini di fine anno scolastico, impartendo direttive agli uffici amministrativi. Secondo il Prof. Giraudo, il problema principale della scuola è il sistema di reclutamento del personale: “Il personale docente e non docente si basa sulla scia delle graduatorie, che a loro volta si formano solo sul punteggio dato dai titoli e dal servizio.

Questo sistema fa sì che i lavoratori, che entrano nella scuola, possano avere una certa esperienza data dai servizi prestati che, però, dice ben poco sulle altre caratteristiche richieste. Per quanto riguarda il personale non docente, il Dirigente Scolastico ha pochissimo spazio di manovra, poiché i vari settori a disposizione sono circoscritti e poco differenziati. Per il personale docente, c'è qualche margine in più: il dirigente scolastico ha, infatti, la possibilità di distribuire i docenti nelle varie classi tenendo conto delle qualità professionali, delle attitudini a lavorare nel gruppo che opera in una certa classe, delle esigenze personali. Tutto questo funziona se la percentuale dei docenti con buone conoscenze specifiche e con buone capacità didattiche è piuttosto elevata.

E' importante, per il dirigente scolastico, poter assegnare i Docenti alle classi, perché egli sa che al centro di tutto deve esserci l'alunno, con la sua formazione culturale, le sue attitudini e lo sviluppo delle sue capacità.” Che rapporto ha avuto con i ragazzi, Preside? Sempre che sia possibile parlare di un'unica via di rapporti: “I miei rapporti con i ragazzi hanno sempre tenuto presente quanto detto prima e, per questo motivo, ho, ogni giorno, provveduto a indirizzarli verso un percorso per loro proficuo, attraverso una politica scolastica basata su quei punti e attraverso un approccio anche individuale, relativo ai problemi da affrontare.” Con i genitori, invece? Un rapporto improntato sempre alla comprensione reciproca, oppure non sono mancati momenti di divergenza? Per quali problemi chiedevano, maggiormente, il suo aiuto?:  “Per quanto riguarda i genitori ho avuto qualche difficoltà quasi esclusivamente nel primo anno scolastico, soprattutto con le madri che, più dei padri, hanno faticato a metabolizzare le richieste provenienti dal nuovo tipo di scuola e il diverso approccio dovuto nei confronti della nuova situazione.”

In effetti, nella scuola di oggi, a detta di molti insegnanti, c’è un paternalismo esasperato: il commento che maggiormente si sente oggi riecheggiare, riprende la differenza tra i genitori di ieri, che, qualora il proprio figlio riceveva una punizione dall’insegnante, arrivato a casa, gli aspettavano altri momenti non proprio felici e quelli di oggi, che, piuttosto di non aver problemi, difendono i figli a spada tratta. La società di oggi infatti, basata sulla velocità istantanea dei rapporti umani, non permette di fermarsi ad ascoltare “i perché” i propri figli si comportano in determinati modi, quando sono a scuola, all’interno, cioè, di un ambiente sociale comune e continuativo, che sfugge alla logica della velocità istantanea, tipica del mondo degli adulti; in questo modo i consigli degli insegnanti, dei presidi e degli psicologi, cadono nel vuoto o peggio, visti come avversari!

Chiedo al Preside Giraudo, che oggi è in pensione, come vede la scuola che ha lasciato pochi anni fa, se è sempre la stessa oppure se stia cambiando e in che maniera: “La Scuola di oggi ha un po' perso il passo coi tempi, e mi riferisco al Liceo in particolare perché lo conosco di più, continua a fornire dei validi strumenti culturali e formativi ai giovani, ma è sempre più distaccata dalla realtà delle cose. Essa si potrebbe paragonare a una bella opera d'arte chiusa in un museo, in un luogo dove si gode della bellezza dell'opera stessa ma dove non si respira l'aria, magari un po'inquinata, della strada.” Una scuola non aderente alla vita di tutti i giorni, così però si darebbe implicitamente ragione a chi afferma che la scuola è una perdita di tempo, cambiando poi pensiero quando ci si ritrova adulti. Una scuola, come la vede lei, Preside, mi ricorda le letture della Russia Dostoevskjiana, in particolare il Palazzo d’Inverno, splendido, perfetto al suo interno, circondato all’esterno dalla miseria. Senza voler emulare i compiti degli “inquisitori”, chi può, oggi, ritenersi responsabile? “Una grave colpa di ciò va data ai vari Ministri della Pubblica Istruzione, soprattutto quelli dell'ultimo periodo, che non hanno saputo (o voluto) impostare una riforma basata su percorsi formativi validi e utili anche per il futuro.

Le differenze fra la Scuola di oggi e quella di ieri sono veramente pochissime e il problema sta proprio lì: il reclutamento del personale e il percorso formativo proposto agli studenti sono rimasti pressoché identici negli ultimi trent’anni, mentre il percorrere del tempo è stato veloce e inesorabile.”.  Preside, io però l’ho conosciuta sempre combattivo e con una voglia di dar una mano ai suoi studenti. Oggi cosa consiglia e quindi, cosa augura, agli studenti della scuola? “Agli alunni auguro che, in futuro, vengano loro proposti dei percorsi formativi più utili e, nel frattempo, spero che tutti coloro che contribuiscono alla loro formazione vogliano il loro bene e che, proprio per questo, non diano loro delle monete false da spendere”.

Concludendo questa piccola inchiesta, posso affermare che bastano davvero pochi istanti per comprendere meglio le piccole realtà del nostro paese e della zona in cui viviamo. A Ventimiglia, ad esempio, come nel resto della zona intemelia, i servizi sociali in collaborazione con l’ASL – servizi educativi – e la scuola, da moltissimi anni portano avanti campagne di sensibilizzazione e di informazione su tematiche davvero importanti come la sessualità e l’uso di sostanze stupefacenti. Argomenti, che probabilmente, buona parte della società non si immagina neppure che tocchino da vicino proprio i più giovani.

Ognuno di noi, allora, nella realtà quotidiana, anche con l’informazione e con la voglia di sapere qualcosa in più, può fare molto per la scuola: quella struttura, che abbiamo visto, essere formata, non da insegnanti avidi, poiché penserebbero solamente al loro basso stipendio, oppure da banchi senza viti e sedie vuote, ma soprattutto da realtà ed emozioni che, se aiutate ed alimentate con amore e dedizione, creeranno una società migliore, in grado di sviluppare politiche alternative di sviluppo e crescita non solo economica, ma anche sociale e culturale, nei periodi di crisi, guarda caso, create proprio da soggetti, che, troppo velocemente, hanno dimenticato quello che appresero un giorno a scuola.


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