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31.07.2014 - G.Picchianti

"L'uomo che raccoglieva bottiglie": a San Biagio l'anteprima di Pino Petruzzelli

"Pasquale, ma lo sai che è proprio bello vivere? Elalba che fa credere nella vita, non tre milioni di euro in tasca. ...". Il nuovo spettacolo ideato e recitato da Pino Petruzzelli, col titolo "L'uomo che raccoglieva le bottiglie", è andato in scena, in anteprima nazionale, venerdì 25 luglio nella Sala Polivalente "Le Rose" a San Biagio.

 Anche quest'anno, grazie allo sforzo degli abitanti e della amministrazione comunale, a San Biagio Pino Petruzzelli ha presentato l'anteprima del nuovo spettacolo. Complice, probabilmente (a parere di chi scrive) il primo anniversario della scomparsa di Don Andrea Gallo, "L'uomo che raccoglieva bottiglie" porta in scena due temi molto legati al territorio ligure: il radicamento al territorio e quel – radicalismo - locale, riecheggiando quello che scriveva in "Così parlò Zarathustra" F. Nietzsche, "vi scongiuro, fratelli, restate fedeli alla terra!". Ed ancora il tema della resistenza, come colui che si oppone alla società odierna, ai falsi miti, alla "religione dell'economia", decidendo di andare "in direzione ostinata e contraria", non accettando le odierne regole del gioco, a costo di sembrare incompreso e un po' idiota, Pasquale - il protagonista della pièce - allo stesso tempo guarda le cose, le osserva, utilizza gli oggetti abbandonati, ridandogli una nuova vita, facendoli esistere ancora una seconda volta, re-esistere, appunto.

 La vita, per Pasquale, è gettarsi nel mare delle eventualità e, una volta immerso nel gorgo degli eventi, subire l'effetto delle vertigini, cioè di quella spinta - ricalcando quello che scriveva Kundera - che l'uomo stesso produce verso quegli oggetti o quelle persone che in qualche modo lo attraggono. Pasquale, a differenza degli altri uomini, però si fa calamita verso quello che è già esistito, che è già stato, cercando di rivivere, per un secondo, quanto quegli oggetti o quelle persone hanno vissuto. Per Pasquale raccogliere è ricordare: "Quante volte mi sono ritrovato a raccogliere, sulla tavola, le briciole di pane avanzate, portarle alla bocca e improvvisamente rivedere gli anni della fame. ...Io mi tengo stretto il ricordo dei miei nonni affamati al ritorno dalla campagna di Russia. Quella storia, la storia dei partigiani sulle nostre montagne di casa, questi boschi, queste montagne, questo mare, questa natura che mi circonda sono la mia forza". La vita di Pasquale non è unicamente la propria. La sua vita è la somma delle esistenze altrui, di quello che raccoglie, di coloro che, per qualcuno, "sono stati" e oggi "non sono" o, diversamente, vivono relegati ai margini di questa nostra società, trapiantata di apparenza, falsi miti e tanto, tanto egoismo.

Con le bottiglie di vetro abbandonate sulla spiaggia, Pasquale costruirà la propria casa, anticipando, senza far clamore, la bioedilizia. E con i morti dei "viaggi della speranza" cercherà di trovare l'appiglio, il "perché" della vita. Davanti alla Croce è adesso l'uomo a chiedere ad alta voce a Gesù perché non torna su questa terra, nutrendo il dubbio atroce dell'abbandono. "Ha picchiato forte la vita su queste spalle - dice Pasquale - ma non è mai riuscita a mettermi al tappeto" una speranza, nonostante tutto, va sempre coltivata, se non altro, per tenere di scorta l'ultima boccata d'ossigeno. Pasquale è la nave che frange i flutti dell'esistenza, non vince ma non perde neanche, resiste. Resiste nei momenti di rabbia e sconforto; resiste quando trova la forza dai racconti di chi ha combattuto prima la Campagna di Russia e poi la Resistenza con i Partigiani; resiste nella tristezza, insieme all'amico dell'ennesimo Ahmed, figlio, oramai, solo del Mediterraneo.

 La vita di questo maestro d'ascia non è quella di un uomo in fuga dal mondo, al contrario, provando a far rivivere un albero secco, dandogli ogni giorno un po' d'acqua, Pasquale potrà sembrare ridicolo, ingenuo, idiota, ma egli ha deciso di andare avanti in quel cammino, attraverso il mondo guidato da - un’inesauribile fede nella speranza- .

"Con Pasquale - scrive Petruzzelli - ho cercato di recuperare i lembi di una storia spezzata per provare a ricucirli e a raccontare unItalia, in apparenza sepolta, ma in verità ancora vitale. Pasquale, pur con le sue imperfezioni e contraddizioni, riesce a esprimere una speranza radicata in un passato fatto di fatica e voglia di sopravvivenza e quindi proiettata in un futuro di civili e umane convivenze. La memoria ci fa guardare avanti e ci proietta in un futuro liberato".

"L'uomo che raccoglieva bottiglie" è l'insieme di pensieri e di parole, tante quante formano, nonostante le difficoltà quotidiane, un’Italia che ancora resiste, lavora e produce, seppur nel silenzio in cui è stata relegata dall’’arroganza di massa, dall'apparire e dalla "religione dell'economia". "Avere o essere?" si chiedeva E. Fromm: Pasquale è la bellezza di un mondo ancora vivo che palpita e pulsa sotto la cenere. 

 Testo, regia, elemento scenico ed interpretazione sono di Pino Petruzzelli, Centro teatro IPOTESI e Teatro Stabile di Genova. Lo spettacolo è dedicato ad Andrej Tarkovskij. Pino Petruzzelli, ancora una volta, scocca una freccia dall'arco e si conficca al centro del nostro cuore, il luogo delle emozioni e della produzione degli anticorpi contro il virus dell'indifferenza. Don Andrea Gallo manca. Manca a chi scrive, allo stesso Petruzzelli e a molti di voi, che sono giunti fino a qui e hanno letto tutto questo articolo. Per chi scrive, seguendo spesso lo stesso Petruzzelli, quando è nei nostri luoghi, questo autore di teatro e di libri è "un trafficante di sogni", il nostro o per lo meno, il mio, laico Don Andrea Gallo.

 

 Giuseppe Picchianti

 

 


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