martedì 19 marzo 2024
27.11.2015 - S.Pallanca

"Pietre che parlano" in ligure: le Caselle di Grammondo

  Il monte Grammondo (1380 m ) ai nostri giorni è pochissimo frequentato, vi si recano turisti o escursionisti con buona gamba o, una volta l’anno, gli abitanti delle cittadine e frazioni italiane e francesi che sorgono nelle vallate limitrofe.

Infatti, a settembre si svolge in “Gerri”, presso il rifugio Gambino, la Festa della Montagna.

Molti partecipanti alla festa si recano in Gerri addirittura in elicottero, tre-quattro minuti di volo e il gioco è fatto, a piedi si impiegano in media 2-3 ore.

Tornando con la fantasia ai tempi trascorsi immaginiamo come fosse la conca di Gerri da “zeru”, freddo, gelo e la montagna circostante non molto tempo addietro, ancora a memoria d’uomo.

La montagna era terrazzata e coltivata, tuttora si vedono tracce di muri a secco “maixei” e di fasce ondulate e declivi, vi si coltivava l’orzo, il grano, in tempi più recenti la lavanda.

La coltivazione della lavanda era molto redditizia, dal fiore si ricava l’essenza base per i profumi.

Non era nemmeno trascurabile l’attività pastorizia, pochi bovini, molte pecore e capre.

I contadini-pastori provenivano da Olivetta, Airole, Collabassa, Villatella, Calvo, il cammino da percorrere per raggiungere il monte era molto lungo, quindi essi preferivano trascorrere molti giorni sul monte senza far ritorno alle loro case per risparmiare tempo e fatica.

Per ripararsi dalle intemperie e per riporre gli attrezzi da lavoro edificavano piccole costruzioni in pietra a secco, le “caselle”.

Tali costruzioni sono maggiormente diffuse nell’entroterra di Imperia, specialmente in alto sino al Pizzo d’Evigno e al monte Faudo ma discendono sin quasi al mare, per vederne qualcuna senza fare la fatica di camminare nei boschi, se si presta attenzione transitando sull’autostrada dopo Cipressa, verso Ventimiglia, lato monte, se ne possono vedere molte, alcune ancora ben conservate.

Questo tipo di costruzione, simile ai Nuraghi sardi o ai Trulli pugliesi, si potrebbe far risalire ai Castellari degli antichi liguri intemelii, infatti, la tecnica impiegata è antichissima.

Ricalcano la tecnica della pseudo cupola e del Thòlos, antichi edifici greci a pianta circolare e forma conica per uso abitativo o funerario.

Vogliamo andare più in là e azzardiamo, se sostituiamo le pietre a blocchi di neve compressa abbiamo gli igloo degli eschimesi!

Le costruzioni di monte Grammondo, vedi foto, sono relativamente grandi, presentano una pianta circolare e una forma a tronco di cono.

La tecnica consiste nel sovrapporre, a secco, pietre in cerchi concentrici, che vanno via via restringendosi.

Le pietre aggettano verso l’interno e la fila a spirale è chiusa in alto da una lastra piatta, la ciappa. La parte terminale, la cupola, veniva poi ricoperta di uno spesso strato di terra con funzioni di impermeabilizzazione.

Come si vede dalle foto era presente un’unica apertura, la porta, che permetteva l’areazione e l’illuminazione dell’interno.

L’architrave della porta è formato da una grossa trave anch’essa di pietra, un grosso monolite, nella casella fotografata in Grammondo è addirittura sovrastata da un arco che ha la funzione di finestra, esempio, credo, rarissimo.

Ecco così che il pastore-contadino diventa anche architetto costruttore, oltre che innalzare i muri a secco si costruisce anche i ripari utilizzando le pietre che ha divelto dal terreno per renderlo arabile.

Le caselle del Grammondo, che io sappia, sono le uniche della zona intemelia, sono molto vicine al rifugio Gambino e con un poco di buona volontà potrebbero essere restaurate, senza alcuna spesa, di certo le pietre sono rimaste in loco, si potrebbero tagliare gli arbusti intorno e pulire l’interno, ora ridotto a discarica e tracciare nuovamente il viottolo di accesso.

Sarebbe auspicabile anche un rilievo topografico.

Per quanto concerne la datazione è un compito assai arduo, alcuni fanno risalire la costruzione delle caselle all’ottocento, altri pensano addirittura al settecento, posso notare che nell’ottocento esistevano tecniche più raffinate e i contadini dotavano le loro campagne più isolate di piccole casette edificate con pietre squadrate, pietre fra loro legate con malta a base di calce, con al piano terra una-due stalle per i conigli e l’asino e al piano superire una piccola camera dotata di focolare per il contadino.

A mio parere la datazione delle caselle del Grammondo è da fissare in epoca remota, ai primi secoli dell’era cristiana (VII-X?) se non prima ancora.

Le caselle del monte Grammondo sono quindi un esempio di architettura rurale arcaica da preservare e valorizzare oltre che come patrimonio culturale anche a fini turistici proponendole agli escursionisti con cartelli indicatori all’inizio delle mulattiere che portano in Gerri e cartelli esplicativi in loco.

Sergio Pallanca


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