venerdì 19 aprile 2024
07.01.2015 - Sergio Pallanca

Pietre "ventimigliesi" che parlano: la “Gumba” sul Monte Magliocca

Con il nostro storico Sergio Pallanca andiamo alla scoperta dei meravigliosi luoghi "nascosti" intemeli.

Esiste un luogo del nostro territorio particolarmente suggestivo e poco conosciuto: la “Gumba” sul Monte Magliocca.

Il Monte Magliocca visto da Ventimiglia appare come un grande cono ricoperto da scarsa vegetazione, brullo e a prima vista anche brutto, tuttavia se si è armati di buona volontà si può lasciare l’auto dopo aver raggiunto Castel d’Appio ed iniziare una breve escursione che in meno di mezz’ora  porterà a scoprire un posto sorprendente.

Percorrendo una vecchia strada militare che taglia trasversalmente il monte, dopo una breve salita, si raggiunge un luogo che, almeno per chi scrive, sembra incantato, fuori dal tempo, il monte dai ripidi fianchi scoscesi, brulli e aridi lascia apparire al viandante una valletta dall’ampio respiro, è una visione inaspettata, ci si trova quasi sulla cima del monte, quindi, in teoria, sulla punta, invece la valletta è vasta, circondata da ripidi costoni di roccia ricoperti da una vegetazione mediterranea lussureggiante, un teatro naturale fornito di una gradinata di tutto rispetto: ampie “fasce” sorrette da bei muri a secco, “maixei” innalzati da abili mani quasi due  secoli orsono, ancora perfetti nel loro costrutto. Le fasce sono popolate da decine di piante d’ulivo, che tendono con le loro argentee chiome verso l’alto, in cerca di luce. Ai piedi della ciclopica scalinata si stende verso il mare, che appare come un meraviglioso fondale, una vasta distesa pianeggiante, la Gumba, appunto. Il termine è caduto in disuso e non ne ho trovato traccia nella mia piccola biblioteca intemelia ma era usato correntemente per indicare un pianoro, una radura, un avvallamento circondato da formazioni rocciose.

Esiste sul Monte Magliocca una leggenda, non so quanto fondata, che narra che il monte sia un antico vulcano, la sua forma a tronco di cono richiama certamente quella di un vulcano, recentemente il mio amico Marcello, su Facebook, ha postato una foto della Magliocca e come commento ha scritto: “antico vulcano”, quindi la leggenda è ancora viva e per continuare a vivere e diffondersi percorre strade modernissime, internet addirittura.

Della leggenda della Magliocca antico vulcano me ne ha sempre parlato mia nonna Luisa “ a Descausa”, un’altra volta scriverò del significato di tale stranome, raccontandomi, quando ci recavamo nella Gumba ad accudire gli ulivi, che era un vulcano e che in fondo a tale antico vulcano esiste ancora un lago, poi mi guidava presso certe aperture nella roccia dalle quali usciva un lieve soffio d’aria, fresco in estate e tiepido in inverno.

Le piccole aperture erano ciò che rimaneva di grandi, orride voragini chiuse, riempite con massi, terra, tronchi d’albero, fusti di benzina quando, prima della guerra, fu costruita al culmine della Gumba una grande “opera” cioè una delle fortificazioni del Vallo Alpino Littorio edificate a partire dal 1935 in previsione di una guerra contro la Francia. Dicevamo dunque che per mettere in sicurezza gli operai e i soldati che lavoravano alla costruzione dell’opera furono riempite le grandi voragini e restarono solo piccole fessure. Nel pianoro i soldati installarono un grande campo da calcio.

Questa è la leggenda sul vulcano, la storia della Gumba è altrettanto suggestiva: un mio avo, raggiunta una certa età si ritirò come un eremita sulla Magliocca e, armato di ferrea volontà e qualche attrezzo rudimentale iniziò a spaccare la montagna, non so in quanti anni compì l’Impresa ma riuscì a realizzare quel che voleva, dagli erti pendii ricavò ampie fasce, la roccia frantumata divenne una miriade di “giairui” o “massacai” pietre tutte di una certa dimensione idonea per la costruzione dei maixei. Per rifugio l’eremita scavò sotto una cengia di roccia, ai lati costruì dei muri in pietra e  ne ricavò una casupola, scavò ancora la roccia vicina e portò alla luce una vena d’acqua, quindi con altra pietra costruì una cisterna per raccogliere l’acqua, infine piantò gli ulivi, per cibarsi allevava conigli. Ignoro il nome del mio tenace avo e quanto tempo impiegò per concludere la sua Impresa e a che età lasciò il suo paradiso per raggiungerne un altro più in alto ma il suo lavoro è tuttora presente e vivo come la leggenda del vulcano del Monte Magliocca.

 

Sergio Pallanca

 


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